sabato 20 ottobre 2007

c'era una volta un angelo

vi racconto una storia carina. "c'era una volta, un angelo, un giovane tunisino, in paradiso che stanco di vivere nel bene decise ad un tratto di cambiare vita. rivolgendosi al capo con tono deciso, disse lui di voler andare a sud. lontano, li dove il male appariva divertente e sempre nuovo, mai monotono. il capo sbigottito prese la sua decisione, turbato e sereno allo stesso punto: "va bene vai, ma stai attento li la vita non è come appare". l'angelo contento andò. perse però le ali e l'aureola dorata. appena arrivò si accorse fin da subito che qualcosa non andasse. in primis. pensava di andare a sud, inteso come inferno, al massimo purgatorio, invece... si ritrovò spaesato a napoli, all'uscita del casello autostradale, all'imbocco della tangenziale. pensò: "aveva ragione il capo qui la vita non è come sembra", poi ripensando "bhè forse andrà meglio". come detto l'ex angioletto era tunisino e il colore di pelle non l'ho aiutava. dopo circa sette ore che era li, riuscì a trovare un passaggio in centro; la sua intenzione era già quella di tornare indietro, a roma, e cosi deciso si incamminò verso la stazione. e mentre camminava pensava alle parole del capo che gli disse prima di partire. siccome non aveva i soldi del biglietto, non se la sentì di salire sul treno abusivamente. trovò un lavoro: lavavetri con licenza da don peppuzzo all'angolo di piazza dante. felice e contento iniziò a lavorare per guadagnarsi i soldi per il ritorno. ma tra la tassa a don peppuzzo e le mance esigue la strada parea lontana. e poi come si dice "oltre al danna la beffa". dopo due settimane di lavoro a nero, venne bloccato da una pattuglia della polizia. fermato dagli agenti, il povero angelo si ritrovò in galera e tutto sommato era felice. felice perchè pensava quello fosse il purgatorio e che quando usciva si sarebbe ritrovato in paradiso. ma la vita del carcere non era quella raccontata nei film, ma quella delle leggende metropolitane, come quella della saponetta. il povero angello abbattuto e depresso, ma soprattutto battuto dai carcerati, non ce la fece più. una mattina di novembre si suicidò. la sua anima in lacrime tornò davanti al capo. cupo dalla vergogna della sua decisione di aandare via, chiese scusa e quella volta decisa di salutare il capo definitivamente. andò a vivere da eremita sul vesuvio. oggi fa il tappo del vulcano e si leverebbe da li, il vesuvio erutterebbe in maniera catastrofica per noi." morale della favola: e poi dicono che i lavori massacranti li fanno fare agli stranieri; e certo! quale italiano sarebbe in grado di mantenere una scoreggia per anni? io sicuro dopo due giorni farei una strage.

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